Debussy – Complete Preludes
Con il raggiungimento dell’apogeo del pianoforte durante l’epoca romantica, sperimentazione e ricerca poetica identificarono nella ricchezza di proprietà tecniche del nuovo strumento ideali percorsi espressivi. Nel pezzo breve iniziò si identificarono la rappresentazione della coscienza, dell’intimo, dell’analisi interiore, un mondo di atteggiamenti umani di nature diversissime, in cui musica è anche sinonimo di racconto, evoluzione narrativa, mai didascalia, dall’anonimato di generi più o meno predefiniti (Preludi, Notturni, ecc.) al ‘dichiarato’ con espliciti titoli.
Lo sperimentalismo di Claude Debussy trovò al pianoforte il proprio culmine nei due libri di 12 Preludés ciascuno (composti di seguito fra il 1909 e il 1910, il 1911 e il 1913), sintesi del pensiero musicale del maestro francese, sia strettamente compositivo sia inteso come risonanza di aspetti extramusicali, letterari o psicologici. Eseguito anticamente prima di un pezzo di rilievo, dall’Ottocento il preludio diventò di fatto “preludio a nulla”, quindi forma autonoma. Debussy intitola ogni brano, con evidenti riferimenti visivi o letterari, ma le parole non sarebbero causa generatrice, poiché furono originariamente collocate fra parentesi alla fine di ogni pezzo, precedute da puntini di sospensione, lasciando alludere che la musica possa essere effettivo preludio musicale al loro contenuto. La partitura incorpora talvolta anche un senso narrativo, ma tralasciando sempre l’imitazione a favore del simbolismo e dell’evocazione di visioni interiori, astraendo pertanto da ciò che potrebbe sembrare. Contro ogni obbligo formale Debussy osserva: «Chi può conoscere il segreto della composizione musicale? Il rumore del mare, la linea dell’orizzonte, il vento nelle foglie, il canto di un uccello; tutto genera impressioni in noi. E improvvisamente, quando lo si vuole, uno di questi ricordi emerge e si esprime nel linguaggio musicale».